di Annalisa Balestrieri.
“Tu conosci una generazione che non si è sentita dire quand’era giovane che ascoltava musica schifosa? – continua Argirò – No. Non possiamo conoscerla perché non esiste… Il linguaggio cambia e gli adolescenti necessitano di qualcosa che possano sentire come loro e soltanto loro. Generalmente è una fase e l’ascolto delle scuole medie presto si ripudia per quello delle superiori, che a sua volta cederà il passo. Sono pochi gli artisti che accompagnano tutta la vita, gli altri mantengono un alone malinconico, ma passano. Io difficilmente posso capire perché i miei alunni ascoltino alcune cose, mi ci sforzo anche, ma non riesco a comprendere, e ci sta! Alcune cose sono anche pregevoli, altre sicuramente no. In alcune si vede chiara la voglia di reazione alla famiglia e all’educazione, in altre si vede tanto la moda, il gusto di massa. Molto di quello che fanno gli adolescenti è indirizzato dalla moda, da ciò “che va”, che non può non piacerti: così questa ossessione delle marche, scarpe, vestiti, così la trap o alcuni tipi di rap. Ma succede lo stesso anche per gli adulti, eh. Io, essendo molto curioso, ascolto tanto di questa musica, alcune cose mi piacciono, altre le trovo disgustose; probabilmente sarà perché sto invecchiando”.
Nell’adolescenza ci si trova a fronteggiare per la prima volta la domanda sul significato della vita. La faticosa ricerca del proprio posto nel mondo, del senso della propria esistenza. Per vivere un cambiamento di questa portata in modo costruttivo è necessario avere una motivazione, ossia individuare l’obiettivo verso cui indirizzare i propri sforzi. La società attuale presenta tante opportunità teoriche ma spesso manca un’effettiva occasione di realizzazione delle stesse. Si pensi per esempio al lavoro: scuole di ogni tipo sembrano offrire la possibilità di realizzare tutte le proprie aspirazioni, ma sappiamo purtroppo che rendere reali queste opportunità nel mondo del lavoro che ci si presenta oggi è impresa assai più ardua.
In questa realtà non c’è da stupirsi che un adolescente cerchi degli appigli, delle risposte, e quando pensa di averle trovate in una canzone, la ascolta e riascolta decine e decine di volte.
A tutti è capitato di sentire i nostri adolescenti che canticchiano la stessa canzone per giorni, settimane e forse anche oltre. Molto spesso anche mentre noi stiamo cercando di stabilire un dialogo con loro. Ma non si stancano di ascoltare sempre la stessa cosa? Esiste una risposta.
Ascoltare una musica che ci piace fa sì che il nostro organismo rilasci dopamina, l’ormone del piacere, che allieta il nostro cervello con un senso di felicità e appagamento. Questo consente di trasportarci in una sorta di zona protetta dove ci sentiamo sicuri e dove possiamo staccare dalle problematiche che dobbiamo affrontare quotidianamente. Facile capire perché si vorrebbe protrarre questa sensazione all’infinito, per poter godere sempre di quel senso di benessere e di tranquillità che solo una situazione che già conosciamo come piacevole ci può dare. Un po’ come quando, al ristorante, finiamo per ordinare sempre il nostro piatto preferito!
Avvicinare i ragazzi alla musica non solo come fruitori ma anche come creatori di musica è un buon metodo per mettere alla prova il loro talento stimolandone l’impegno personale, aiutandoli a diventare veri costruttori della propria vita e non semplicemente utilizzando prodotti preconfezionati.
“La musica oggi ha un bel ruolo nella scuola – spiega Argirò – sicuramente maggiore rispetto a quando fu il mio turno di sedere tra i banchi, è stato fatto tanto, ma tanto ancora si può fare. Credo che l’insegnante di musica abbia un ruolo importante anche umanamente, empatico, di comprensione, attraverso l’universo musicale ha la possibilità di raggiungere l’universo interiore dei ragazzi. Su questo si può fare ancora qualche passo in avanti, magari mischiando alla teoria musicale e allo strumento della musicoterapia dei dibattiti-scambi musicali nei quali i ragazzi non si sentano giudicati per la musica che ascoltano. Si potrebbe dare spazio anche alla produzione elettronica della musica (che oggi è essenziale), alla produzione intuitiva (che genera anche il piacere di suonare), alla composizione”.
Anche se l’avvicinamento alla musica non avviene nei primi anni di età, diversi studi hanno evidenziato gli effetti benefici dello studio della musica sul cervello degli adolescenti soprattutto per quanto riguarda le competenze linguistiche, essendo in grado di fornire loro una maggiore sensibilità nel riconoscere i suoni e nel dare loro risposte più rapide ed immediate. Ne deriverebbe una maggiore facilità nello studio delle lingue straniere.
Per eseguire un brano serve memorizzare diversi passaggi, per esempio scegliere come suonarlo e anticipare mentalmente il risultato, elementi che esercitano il ragionamento analitico e la capacità di risolvere problemi. Con il conseguente effetto di aiutare a migliorare la concentrazione e la coordinazione.
Non solo, per suonare serve anche saper riconoscere schemi e strutture e questo stimola l’area del cervello dove ha luogo il pensiero logico-matematico.
Suonare favorisce la responsabilità sociale e la formazione della personalità
Eseguire dei brani, specialmente se si fa parte di un gruppo, ha effetti molto positivi anche sui rapporti sociali e lo sviluppo della personalità: insegna a stare con gli altri e a comunicare, insegna la collaborazione e l’autodisciplina, rafforza l’autostima attraverso il miglioramento che si ottiene con la pratica e la percezione dell’utilità del proprio ruolo all’interno del gruppo. Per finire, come ogni forma di arte, stimola la creatività e allevia lo stress.
Diversi studi si sono occupati di un tema caro ai genitori: studiare con la musica è utile o dannoso?
La musica è una mia routine e mi aiuta anche nei momenti di noia – dice Susanna – magari quando sto studiando da ore e non ce la faccio più, mi capita di finire sulla mia playlist e iniziare ad ascoltarla, basta questo per ridarmi energia!
L’utilità o meno di studiare con la musica è in effetti controversa. Secondo alcuni, se utilizzata come sottofondo, servirebbe a rilassarsi, prendere le distanze da ansie e preoccupazioni favorendo la concentrazione. Premesso che sarebbe da preferire musica strumentale, dove l’assenza di una voce ridurrebbe notevolmente l’effetto distrazione, il discorso è molto soggettivo e dipende da diversi fattori, non ultimo dall’abitudine o meno a studiare con dei rumori di sottofondo e dalla facilità con cui si tende a distrarsi. Anche il tipo di studio che si sta affrontando ha un suo peso, nello specifico la musica otterrebbe un effetto positivo in quegli studi che richiedono un ragionamento astratto.
“Dipende, dipende tanto – conclude Argirò – Dipende dalla persona, dalla musica, dal momento. Io in alcuni momenti trovo fastidiosa la musica, non mi aiuta, in altri invece mi è essenziale. Credo che imparando a conoscersi e a sintonizzarsi sui propri gusti e ritmi si arrivi alla migliore soluzione. Per questo credo che i ragazzi debbano sperimentare, ma sperimentare sul serio. A me aiuta tanto quando studio o quando scrivo le colonne sonore dei film, mentre la classica mi distrae (tranne le suite di violoncello di Bach, non mi chiedere perché) e non mi aiuta nemmeno la mia musica preferita, quella che ho nelle playlist che ascolto invece in metropolitana o mentre cammino. Il suono è un materiale, lo dico sempre, per chi crea e per chi ascolta: la cosa migliore è giocarci, sperimentare e conoscere quanto più possibile”.
Una curiosità è che se per gli estroversi la musica in sottofondo viene spesso sentita come un aiuto, gli introversi dimostrano più difficoltà di concentrazione e propensione ad esserne distratti.
Anche per questo esiste una spiegazione scientifica. Agli effetti della dopamina, a cui abbiamo accennato in precedenza, gli introversi preferirebbero quelli della acetilcolina, altro neurotrasmettitore che produce però una sensazione di benessere quando ci dedichiamo alla meditazione e all’introspezione: facile capire che in questo caso dover gestire la presenza di stimoli esterni, come la musica, possa essere avvertito come un elemento di disturbo.
Bibliografia
Balestrieri, A. (2021), La mente in musica. Come reagisce il cervello all’ascolto della musica, Milano, Independently published.
Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2021/05/adolescenti-musica/